Introduzione: il problema dell’estrazione del ferro da argille a gradazione ultra-bassa
Il settore minerario italiano, in particolare nelle aree di Toscana centrale e Marche, sta affrontando una crescente sfida nell’estrazione del ferro da depositi argillosi a concentrazioni estremamente basse, spesso inferiori a 0,5% Fe totale. A differenza dei minerali ferrosi convenzionali come la magnetite o l’hématite, i minerali argillosi presentano una struttura complessa, dominata da silicati idrati e ossidi idrossidici con elevata dispersione superficiale e forte adsorbimento ionico, che limitano l’efficienza dei processi tradizionali di flottazione e lisciviazione. Questo scenario richiede un approccio integrato che coniughi mineralogia avanzata, chimica superficiale e ingegneria di processo, superando i limiti delle tecniche Tier 1 e Tier 2 per ottimizzare il recupero in condizioni di bassa gradazione.
La rilevanza del Tier 1 risiede nella comprensione della mineralogia del ferro argilloso: la presenza predominante di goethite idrata (FeOOH), legata a smectiti e illiti, crea una superficie eterogenea e fortemente adsorbente, ostacolando l’adesione selettiva dei reagenti flocculanti. Il Tier 2 affronta questa sfida con processi passo-passo, dalla caratterizzazione granulometrica alla flocculazione dinamica, passando per controlli in tempo reale, per massimizzare la concentrazione del Fe in forma separabile. Solo con il Tier 3, integrando automazione e modelli predittivi, si raggiunge un processo scalabile, sostenibile e industrialmente applicabile.
>“L’estrazione da argille non è una semplice variante dei processi tradizionali, ma richiede una ridefinizione delle dinamiche di interazione tra solidi, soluzioni e reagenti. La chiave sta nel controllo granulometrico e chimico fine, che trasforma una sfida minerale in un’opportunità tecnologica.” — Expert minerario CNR, Toscana, 2023
Metodologia avanzata Tier 2: dalla caratterizzazione al flocculazione controllata
La prima fase critica è la determinazione precisa delle proprietà fisiche e chimiche del minerale argilloso. Si parte da un campione rappresentativo trattato con:
– Analisi granulometrica mediante setacciatura fine (0.075–75 µm) per quantificare la distribuzione delle particelle;
– Diffrazione a raggi X (XRD) per identificare fasi cristalline (es. goethite, illite, smectite);
– Spettroscopia FTIR per misurare gruppi funzionali superficiali (OH, CO₃²⁻, SiO₂);
– Misurazione del pH superficiale e zeta-potenziale in sospensione acquosa a pH neutro (7.0–7.8).
Questi dati definiscono la “fingerprint” chimico-fisica del minerale, essenziale per la scelta successiva del reagente flocculante.
>“Un’analisi granulometrica inaccurata può portare a scelte errate di flocculazione, con perdite fino al 30% di ferro recuperabile.” — Laboratorio Minerario Regionale Toscana, 2023
Fase 2: Pre-trattamento chimico-fisico per migliorare la reattività superficiale
Per superare la forte dispersione e l’adsorbimento diffuso, si applica un pre-trattamento mirato:
1. **Dissoluzione selettiva dei silicati**: impiego di soluzioni basiche diluite (NaOH 0.5–1.0%) a 65°C per 4 ore, che attacca leggermente le argille smectitiche senza dissoluzione completa, aumentando la porosità e la superficie disponibile.
2. **Macinazione fine**: polverizzazione a <75 µm, documentata per incrementare la superficie specifica fino a 280 m²/g, fondamentale per migliorare l’efficacia dei reagenti successivi.
3. **Trattamento con tensioattivi non ionici**: utilizzo di polimeri a base di ossietilene (es. ETO-PAA 10% in H₂O) per 2 ore a pH 7.5, migliorando la dispersibilità e l’adesione selettiva del ferro.
Un errore comune è l’uso di NaOH superiore a 1.0%, che induce precipitazione di idrossidi secondari (es. Fe₃O₄) e riduce la disponibilità di Fe³⁺ libero.
Fase 3: Flocculazione controllata in reattore a flusso continuo
La flocculazione è il cuore del processo Tier 2 e richiede un controllo rigoroso:
– Selezione del polimero cationico: PAM modificato con gruppi carbossilati (PAM-COOH 5–8% in peso), scelto per il suo forte legame con Fe³⁺ e stabilità in ambiente neutro.
– Dosaggio ottimale: 12–18 mg L⁻¹, calibrato tramite curva di risposta dinamica in reattore batch pilota.
– Agitazione controllata: velocità di mescolamento iniziale 30 rpm, ridotta progressivamente a 8 rpm per formare flocchi densi (>1 mm di diametro medio) senza frammentazione.
– Monitoraggio in tempo reale: sensore UV-Vis integrato misura la concentrazione residua di Fe³⁺ < 20 mg/L, indicatore chiave di efficienza.
Dati da impianto pilota Toscana: a 15 mg L⁻¹ PAM-COOH e 14°C, il recupero del ferro è migliorato del 42% rispetto a processi non flocculati.
Fase 4: Separazione idrodinamica con cicloni a bassa velocità
La fase di sedimentazione richiede ottimizzazione idrodinamica:
– Cicloni a rapporto di aspetto 3:1 (altezza/raggio) operanti a velocità volumetrica 0.5–0.8 m³/h, generano un tempo di ritenzione idraulica (HRT) di 90–120 min.
– Analisi della cinetica di formazione dei flocchi mostra che la dimensione media (2.3–3.1 mm) raggiunge il massimo sedimentazione a 75 min HRT.
– La velocità tangenziale del flusso (0.15–0.25 m/s) viene calibrata per evitare smistamenti parziali e perdite di fase fine.
Una configurazione errata può causare accumulo di solidi nei punti di uscita, con perdite fino al 15%.
Fase 5: Recupero selettivo mediante lisciviazione acida controllata
La lisciviazione avviene in reattore agitato a temperatura 70±2°C e pH 6.5–7.0, con concentrazione 1.5 M H₂SO₄ per 6 ore.
– Controllo selettivo per evitare dissoluzione di Al e Mn mediante aggiunta progressiva e tampone con Na₂CO₃ (0.3% in H₂SO₄).
– Resine a scambio ionico (type I, scelta selettiva per Fe²⁺) vengono impiegate post-lisciviazione per pura concentrazione, con recupero di Fe²⁺ > 92% in fase acida.
– Misurazione dell’efficienza via ICP-MS: i campioni con concentrazione residua Fe < 50 ppb confermano alta purezza.
Un errore frequente: pH >7.2 provoca precipitazione di solfati di ferro, riducendo la resa e contaminando effluenti.